Nella mia lunga esperienza di psicologo sperimentale, ho avuto a che fare con molti ricercatori appassionati che si autodefiniscono 'comportamentisti': sono gli eredi filosofici di Cartesio. Fondamentalmente hanno un'opinione meccanicistica del comportamento, sebbene per la scienza moderna i meccanismi siano controllati da neuroni, muscoli e ormoni. Lo stesso termine "comportamentista" indica un approccio alle azioni animali incentrato su schemi di movimento osservabili esternamente piuttosto che su stati interni. Parole come "desiderio", "intenzione", "ragione" e altre che suggeriscano pensiero cosciente sono escluse dal vocabolario professionale del comportamentista. [...]
La nozione scientifica dei comportamentisti secondo cui gli animali sono semplici macchine sembra confinata nell'ambito dei loro studi di laboratorio.
Come nel caso di Cartesio e del suo compagno a quattro zampe, l'opinione che i cani manchino di coscienza sembra crollare appena il comportamentista lascia il laboratorio. Praticamente tutti biologi e gli psicologi comportamentisti che io conosco e che possiedono un cane, tradiscono un'opinione dei loro animali identica a quella dei profani. Quando si tratta del cane di casa e di situazioni quotidiane, invece che di cavie di laboratorio in condizioni sperimentali, sembra che gli psicologi comportamentisti trovino comprensibilissimo - ed in effetti quasi necessario - attribuire stati mentali consci ai loro cani. Non lo dico per sottolineare l'incoerenza di alcuni miei colleghi, ma semmai per dimostrare che la presunzione di coscienza nei cani e negli altri animali pare funzionare persino per coloro che non fanno altro che negarlo in pubblico.
La realtà è che ci pare di capire un tantino meglio i nostri animali se accettiamo che abbiano semplici sentimenti, paure, desideri e convinzioni, pianifichino, abbiano mete e così via. Come si fa a vivere con un cane senza pensare "è assetato e vuole dell'acqua" quando si avvicina a una ciotola vuota, abbaia e la spinge verso di noi con il muso? Come si fa a non pensare "vuole uscire" quando ci abbaia avvicinandosi alla porta? Quante altre frasi del genere ci vengono in mente? "Il cane non sta bene." "Al cane piacciono tanto i bambini." "Il cane vuole giocare." "Al cane non piace mia suocera." "Il cane è contento." "Al cane manca nostra figlia." "Al cane non piace questa marca di cibo." "Il cane si comporta così perché non ne può più dalla fame." L'elenco potrebbe continuare all'infinito. Termini come "gli piace", "vuole", "gli manca", "non ne può più" implicano tutti una vita interiore e una coscienza.
Se queste descrizioni non sono scientificamente valide secondo le teorie psicologiche comportamentiste, [...] questo tipo di terminologia mentalistica ha una forza esplicatrice e di previsione. Ci permette di selezionare le azioni che cambieranno il comportamento del nostro cane in modo prevedibile. Supponiamo di non usarla, ma di attenerci strettamente al punto di visto comportamentista. Ciò significa che non potremo permetterci alcuna considerazione su esperienze o pensiero consci, dovendo invece parlare in termini di semplice reazione a input di stimolo e alla programmazione istintiva e genetica. In simili circostanze dubito che riusciremmo a dare il minimo senso al comportamento del cane.[...]
Anche senza ricorrere alla descrizione del comportamentista fuori dal suo ambito professionale, la semplice logica mina le basi della sua tesi che gli animali non siano altro che macchine biologiche prive di coscienza.
Tratto da "Stanley Coren - L'intelligenza dei cani"