Il cane ha un capacità
incredibile di intuire quello che stiamo pensando ed anche i nostri
sentimenti...
è capace di superare la
barriera della mente ogni volta che lo desidera.
(B. Vesey-Fitzgerald)
Con
il termine ‘empatia’ si intende la capacità di comprendere lo
stato mentale ed emotivo altrui, in modo immediato, senza il ricorso
alla comunicazione verbale. Empatia significa ‘sentire
dentro’,‘immedesimarsi nell’altro’, ed è una capacità che
fa parte dell’esperienza umana ed animale; alcuni studi sembrano
dimostrare una capacità empatica anche nel mondo floreale.
L’educazione empatica si fonda sulla trasmissione di conoscenze e
competenze attraverso un rapporto relazionale-affettivo piuttosto che
sul vecchio consolidato modello autoritario-punitivo. È stato
scientificamente dimostrato ( a partire da B.F. Skinner) che con il
sistema empatico (o del ‘rinforzo positivo’) si verifica non solo
un incremento dell’apprendimento ma una maggiore persistenza nel
tempo dei comportamenti appresi, rispetto al metodo
impositivo-punitivo che abbisogna di continue somministrazioni di
rinforzi negativi, che, nel tempo producono inevitabilmente
assuefazione e quindi imprevedibilità del comportamento.
Tecnicamente
parlando, l’apprendimento di un comportamento o di una competenza
può essere ‘somministrato’ con l’ausilio dei così detti
‘rinforzi’,che si dividono in:
-
rinforzi positivi (e.g.: se sarai promosso ti comprerò il motorino, se ti siedi ti lancio la palla,…)
-
rinforzi negativi (e.g.: se non sarai promosso non andrai in vacanza, se non ti siedi ti tiro il collo finché non lo fai,...)
Un
rinforzo positivo è dunque qualsiasi cosa susciti nel soggetto
desiderio, piacere, appagamento; un evento altamente desiderabile.
Mentre un rinforzo negativo è tutto ciò che il soggetto teme,
soffre, un evento che non si desidera avvenga affatto. Quindi sebbene
esistano delle linee guida, è facile intuire che il rinforzo
positivo e negativo può variare da soggetto a soggetto.
Un
rinforzo negativo non è una punizione: la punizione avviene sempre
dopo che il comportamento indesiderato si è verificato e non è
molto efficace come strumento educativo. Si realizza a volte dopo
ore, tipo quando si rimprovera o si maltratta il cucciolo che ha
sporcato in casa da tempo, il cane collegherà mentalmente le botte o
le grida all’ultimo evento vissuto e cioè, il vostro rientro a
casa; il rinforzo negativo prende atto contemporaneamente al
comportamento indesiderato e lo fa cessare. Ci sono fondamentali
differenze fra un’istruzione realizzata mediante il rinforzo
negativo ed una formazione frutto del rinforzo positivo. La più
rilevante è senza dubbio il fatto che l’istruzione con il rinforzo
positivo rappresenta per l’allievo un atto propositivo e creativo,
il rinforzo positivo ‘crea’ un nuovo comportamento o una nuova
competenza e dunque contempla una certa dose di iniziativa e
attivazione mentale; per quel che riguarda il rinforzo
negativo,invece, esso agisce sulla inibizione di comportamenti
espressi ed è quindi un atto sostanzialmente repressivo del
comportamento e, contrariamente al rinforzo positivo, non contempla
l’attivazione mentale ma piuttosto un certo grado di ottundimento
delle capacità propositive del soggetto.
Devo,
a questo punto, sgombrare ogni dubbio su un grave fraintendimento che
spesso coglie chi si avvicina all’istruzione con la tecnica del
‘rinforzo positivo’:
educare
con il metodo del rinforzo positivo non vuol dire che il soggetto in
formazione non debba ricevere dei ‘NO!’ ( un classico rinforzo
negativo) o che possa comportarsi come gli aggrada. Tengo oltremodo a
questo concetto, perché, con i miei occhi, ho visto le gravi lesioni
di cani mordaci a proprietari o familiari che tale fraintendimento ha
causato nel mondo reale. Invito caldamente a diffidare di chi
applica ai cani le teorie del ‘cognitivismo sociale’ umano (che
risultano a volte dubbie, biologicamente et etologicamente ed
empiricamente parlando, anche per l’uomo), senza alcuna mediazione
o adattamento al mondo canino. Attenzione a chi professa che il cane non va mai
redarguito o che, ad esempio, non vada messo a pancia all’aria un
cucciolo che mostra insofferenza alla cosa.
Per
il cucciolo di cane, mettersi a pancia all’aria tranquillamente,
mostrando il suo lato più debole, ventre e collo, è un atto di
sottomissione/fiducia totale. Se un cane si addormenta a pancia
all’aria in un qualsivoglia ambiente vuol certamente dire che si
sente a proprio agio. Se un cucciolo non sviluppa un rapporto di
piena fiducia con il suo capo-branco-famiglia potrebbero sorgere dei
problemi seri una volta divenuto adolescente o adulto,
in
special modo per cani di taglia medio-grande; ma esistono anche cani
di taglia piccola mordaci come piranha. Durante gli esercizi per
assuefare il cucciolo recalcitrante allo ‘schienamento’ e alle
carezze sulla pancia, utilizzando il metodo del rinforzo positivo,
l’animale non subisce un trauma: impara semplicemente che, se si fa
carezzare a pancia all’aria da un umano non gli succede alcunché
di negativo, anzi, viene inondato di premi, coccole e attenzioni!
Volenti o nolenti l’educazione di base, per un animale sociale,
consiste nell’apprendere l’autocontrollo degli istinti primari.
Una volta, in natura, questo compito spettava ai genitori naturali
dei cuccioli: insegnare i così detti ‘comportamenti tabù’ nel
contesto sociale del branco era loro compito. Da quando l’uomo ha
preso a gestire questo animale, addomesticandolo e sottraendolo alle
leggi della natura, le cose sono molto cambiate: molti cuccioli non
vedono il padre nemmeno una volta in vita loro e le madri vengono
allontanate, nel migliore dei casi, poco dopo lo svezzamento; gli
stessi cuccioli vengono divisi fra loro prima di una vera e propria
socializzazione reciproca. Allo stato delle cose, in molti casi,
questo compito spetta a chi accoglie il cucciolo in famiglia. In
conclusione possiamo affermare che l’addestramento con il ‘metodo
gentile’ si basa su
due
pilastri principali:
-
la tecnica del rinforzo positivo
-
la conoscenza ed il benessere del soggetto
Infatti,
molti comportamenti inappropriati e varie patologie legate a stress,
irrequietezza e quant’altro, sono dovuti alla mancata soddisfazione
dei bisogni primari e naturali dell’animale, che possiamo
sintetizzare attraverso ‘le cinque libertà fondamentali degli
animali domestici e da allevamento’ esposte nel 1992 dalla ‘Farm
Animal Welfare Council’.
Le
cinque libertà fondamentali degli animali domestici e da
allevamento:
1-
Libertà dalle sete, dalla fame, dalla cattiva nutrizione
2-
Libertà di avere un ambiente fisico adeguato
3-
Libertà dal dolore, dalle ferite, dalle malattie
4-
Libertà di manifestare i normali comportamenti della specie a cui si
appartiene
5-
Libertà dalla paura e dal disagio