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Accuse agli allevatori




Fra i cani da circo capaci di complicatissimi giochi di bravura che pre-
suppongono una grande capacità di apprendimento, solo in pochissimi
casi si trovano cani di razza; non certo perché un bastardo costi meno,
anzi, per cani da circo dotati di talento si pagano cifre astronomiche, ma
piuttosto grazie a quelle particolari qualità psichiche che sono determi-
nanti per il cane artista. Oltre al livello più alto di intelligenza e di capa-
cità di apprendimento, sono soprattutto il minore nervosismo e la mi-
gliore attitudine a sopportare le tensioni, propri del cane bastardo, a
rendere possibili prestazioni qualitativamente superiori. Non è quindi
un caso che la più bella descrizione dell'animo canino, Cane e padrone
di Thomas Mann, riguardi un bastardo, un cane da pollaio.
Dei miei cani uno soltanto era veramente di razza pura, un vero esem-
plare da esposizione, un cane da pastore di nome Bindo. Era indubbia-
mente un tipo nobile, un cavaliere senza macchia e senza paura, ma in
quanto a finezze di sentire e a complessità di vita psichica non stava
certo alla pari con la mia cagna da pastore Tito, figlia dei boschi e dei
prati, senza l'ombra di un pedigree. Il mio bulldog francese possedeva, è vero, un albero genealogico, ma era decisamente un prodotto di scarto:
era troppo grosso, il cranio e le gambe erano troppo lunghi, il dorso
troppo dritto — e nonostante ciò sono convinto che nessun premiato
campione di quella razza avrebbe mai potuto possedere le qualità d'a-
nimo del mio Bully.
È triste ma innegabile che una accurata selezione di caratteri fisici non è
conciliabile con una selezione di caratteri psichici. Gli esemplari che ri-
spondono a tutte le esigenze in entrambi i campi sono troppo rari per
poter fondare solo su di loro la continuazione di una razza. Come io non
conosco un solo scienziato veramente di genio che sia anche un Apollo,
o una donna che incarni la bellezza ideale e sia dotata di un'intelligenza
più che mediocre, così non conosco alcun campione di una qualsiasi
razza canina che vorrei avere come mio cane. Con ciò non voglio dire
che questi due diversi ideali si escludano necessariamente a vicenda:
non si vede perché un cane di razza eccezionalmente bello non potrebbe
essere dotato anche di eccezionali qualità psichiche; ma ciascuno di
questi ideali è già di per sé abbastanza raro perché non sia estremamente improbabile trovarli riuniti in un unico soggetto. Anche se un allevatore si pone come compito una severissima selezione da entrambi i punti di vista, in pratica non potrà fare a meno di scendere a dei compromessi. Così, si cominciò a separare quella che è l'estetica dell'animale dalle sue prestazioni, esattamente come si fa per i piccioni viaggiatori, coi quali si arrivò veramente a creare due razze diverse. Nell'allevamento del cane da pastore tedesco mi pare si sia già sulla buona strada per giungere a una separazione dello stesso genere. Nei tempi andati, quando il cane era ancora prevalentemente un animale utile e la moda non
aveva l'importanza che ha assunto oggigiorno, non esisteva il pericolo
che nella scelta degli animali d'allevamento le qualità psichiche venisse-
ro trascurate. D'altra parte, anche in una selezione il cui criterio esclusi-
vo sia l'utilità, possono sempre affiorare difetti psichici. Ad esempio un
grande conoscitore di cani, che stimo molto, ritiene che la mancanza di
fedeltà di certi segugi sia proprio da far risalire a questo. Indubbiamente tali razze vengono in primo luogo selezionate in base alla particolare finezza dell'olfatto; però è perfino possibile che si sia operata una selezione sulla base della mancanza di fedeltà al padrone: oggi, si sa, vi sono cacciatori privi di senso sportivo, talvolta anche guardie forestali, che spesso preferiscono lasciare la ricerca della selvaggina colpita a un qualsiasi subalterno; fa quindi parte dell'utilità di un buon segugio esser capace di lavorare con chiunque altrettanto bene che col proprio padrone. La cosa però diventa veramente grave quando l'onnipotente tirannia della moda, la più sciocca fra le femmine sciocche, si arroga di prescrivere ai poveri cani quale deve essere il loro aspetto. Non esiste una sola razza canina le cui eccellenti qualità psichiche originarie non siano andate totalmente distrutte non appena la razza è diventata di gran moda.
Soltanto se in un angolo sperduto del globo i cani in questione hanno
potuto continuare ad essere allevati come animali normali, al riparo dal-
la moda, questo deterioramento ha potuto essere evitato. Così nel loro
paese vi sono ceppi di cani da pastore scozzesi in cui vivono ancora tut-
te quelle magnifiche qualità di carattere tipiche di questa razza, mentre i nobili collies, allevati nell'Europa centrale come cani di moda agli inizi
del secolo, hanno subito un incredibile processo di peggioramento sia
nel carattere che nell'intelligenza. Se per una razza che diventa di moda
non c'è un allevamento che sappia dare il necessario sostegno alle quali-
tà psichiche degli animali, la sua sorte è segnata. Persino allevatori in-
dubbiamente onesti, che preferirebbero morire piuttosto che permettere
l'incrocio di un animale che non sia di razza purissima fino al più lonta-
no antenato, non trovano nulla di immorale nell'allevare esemplari fisi-
camente splendidi che recano però tare psichiche.
Lettori cinofili, per i quali scrivo questo libro, credetemi: la gioia di
possedere un cane che rappresenti quasi la perfezione della sua razza si
spegne pian piano nei lunghi anni di intimità, ma non si spegne il disa-
gio che creano certe carenze psichiche come l'eccessivo nervosismo,
l'ombrosità, l'esagerata pusillanimità. Il tempo non immunizza contro
tali logoranti difetti, anzi rende ad essi più sensibili. Un bastardo intelli-
gente, fedele, animoso e con i nervi a posto, dà alla lunga assai più sod-
disfazioni che non un campione purissimo costato un patrimonio.
Come ho già detto, sarebbe possibile scendere a un compromesso fra
qualità fisiche e psichiche poiché, fin quando la moda non si è impos-
sessata di loro, le più diverse razze canine, mantenute pure, hanno con-
servato le loro belle doti di carattere. Ma già nell'organizzazione delle
mostre e dei concorsi si nasconde un certo pericolo: in una mostra cani-
na il fatto stesso della concorrenza conduce automaticamente a esaspe-
rare i caratteri specifici di razza dei diversi esemplari. Se si osservano
immagini antiche, che per le razze canine inglesi risalgono fino al Me-
dioevo, e si confrontano con le immagini degli attuali rappresentanti
delle stesse razze, questi ultimi appaiono come grottesche caricature di
quei nobili esemplari. Nel chow-chow, che è diventato di moda soltanto
nel corso degli ultimi decenni, questo appare con particolare evidenza.
Ancora intorno al 1920 i chow erano cani veramente naturali, vicinis-
simi alla loro originaria forma selvatica: il naso appuntito, gli occhi dal
taglio obliquo, mongolo, e le orecchie aguzze ben ritte, davano al loro
muso quell'espressione così stranamente affascinante che è propria dei
cani da slitta groenlandesi, dei samoiedi e degli huskies [cani esquime-
si], in breve di tutte le razze fortemente lupine. Oggi nell'allevare il
chow si punta ad accentuare i caratteri che gli danno un tipico aspetto
da orsacchiotto: il naso è largo e breve, quasi da alano, nel muso, più
appiattito, gli occhi hanno perduto il bel taglio obliquo, le orecchie
scompaiono nell'eccessiva ricchezza della pelliccia. Anche nel carattere,
il predatore selvatico pieno di temperamento, che pare ancora respirare
l'aria delle distese sconfinate, è diventato un impomatato Teddy-bear...
salvo naturalmente quelli che allevo io. Ma stando alle leggi di tutte le
associazioni di allevatori, i miei chow devono essere guardati con di-
sprezzo perché ancor oggi hanno un centoventottesimo di sangue di ca-
ne da pastore.
Un'altra razza che amo molto e di cui vedo con dolore la decadenza psi-
chica è lo scotch-terrier. Trentacinque anni fa circa, quando il mio se-
condo cane, la femmina scotch-terrier Ali, seguiva i miei passi, gli ani-
mali di quella razza erano quasi senza eccezioni modelli di coraggio e
di fedeltà. Nessuno dei cani che ho avuto in seguito mi ha difeso più fu-
riosamente di Ali e nessuno ha dovuto tanto spesso venir salvato da lot-
te disperate e senza quartiere con avversari di tanto più forti. Ma da nessun altro cane ho dovuto però anche tanto spesso salvare un gatto, e
nessuno, all'infuori di Ali, ne ha mai inseguito uno arrampicandosi so-
pra un albero! I fatti si svolsero così: Ali dava la caccia a un gatto che,
per mettersi in salvo, salì sul primo ramo di un pruno; un momento do-
po già doveva ritirarsi al sicuro su un secondo ramo, un metro e mezzo
più in alto, dato che Ali con un salto furioso aveva raggiunto la corona
dell'alberello e vi si era sistemata. Di lì a pochi secondi il gatto dovette
nuovamente battere in ritirata, cercando un ramo ancora più alto, perché Ali aveva scalato anche il secondo. Il cane lottava ora per mantenersi in equilibrio, essendo i rami molto sottili. Non cadde a terra semplicemente perché riuscì a fermarsi a cavalcioni di uno di essi, che teneva stretto fra le cosce. Per un momento restò con la testa in giù, ma poi riuscì a raddrizzarsi e abbaiò furioso verso il gatto che sedeva un metro più in alto su un ramo tanto sottile che quasi non lo reggeva più. 

E a questo punto avvenne l'incredibile: Ali tese tutti i muscoli del suo corpo robusto e si catapultò sul gatto, lo afferrò fra i denti rimanendo per un attimo appeso alla bestiola che tentava disperatamente di reggersi, finché entrambi precipitarono per tre metri buoni fino al suolo, dove dovetti intervenire per salvare il micio. Ali infatti, malgrado il duro colpo, non mollava la preda. Il gatto non s'era fatto nulla, ma Ali zoppicò per settimane intere a causa di uno strappo muscolare. Contrariamente ai gatti,
i cani non sempre sanno cadere bene sulle zampe.
Così erano quei piccoli scozzesi trentacinque anni fa! Quasi tutti, Ali
non era affatto un'eccezione. E oggi? Mi arrabbio e provo pena quando
incontrando dei cani nella nostra Vienna, dove sono così tanti e così
amati, vedo come si comportano gli attuali rappresentanti di questa raz-
za. Certo, la mia irsuta Ali, con un orecchio un po' di traverso a causa di
una cicatrice, non avrebbe avuto alcuna probabilità di successo a una
mostra canina, di fronte a tutte quelle bellezze infiocchettate. Ma que-
ste, in compenso, vanno a testa bassa persino davanti a dei cani che sa-
rebbero scappati con altissimi gridi di fronte alla mia Ali.
Ma siamo ancora in tempo. Persino da noi, nell'Europa Centrale, ci sono
degli scotch-terrier che non hanno paura neppure di un San Bernardo e
che si scagliano contro le gambe dell'uomo più robusto se questi soltan-
to si permette una parola minacciosa contro il loro padrone. Ma scotch-
terrier come questi sono rari, certo è inutile cercarli fra i vincitori delle
mostre canine.
E ora faccio una domanda agli allevatori, di cui è lecito presumere che
capiscano cosa è un cane: non sarebbe meglio provare, anche una sola
volta, ad allevare uno di questi cani intelligenti, fedeli e coraggiosi, pur
correndo il rischio che, nel punteggio che riguarda le proporzioni del
corpo, esso risulti battuto da quei perfetti capolavori usciti dalle mani di
tosatori di lusso?

Konrad Lorenz - E l'uomo incontrò il cane

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